PRIMO CICLO:
L'impatto dell'informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea | Il World Wide Web
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“La liberazione della forma”, capitolo del
libro ‘Architettura e modernità’ del professore Saggio, è stato uno stimolante
spunto di riflessione in merito all’evoluzione dell’impiego del calcestruzzo
armato negli anni che seguirono il secondo dopoguerra. È interessante notare
quanto i progressi della tecnica e la nuova concezione di un’architettura
plastica, che libera la forma dalla funzione, viaggino di pari passo rendendo
incomprensibile quali siano le dinamiche di dipendenza tra i due fattori. È la
tecnica che mostra per la prima volta la possibilità di un superamento delle
convinzioni precedenti o è la necessità di superare quest’ultime che ci porta
alle sperimentazioni di nuove tecniche è tecnologie? Qual è la crisi principale
e scatenante del processo?
Nel 1956 Jorn Utzon ha il coraggio di
partecipare al concorso per la creazione dell’Opera House di Sidney proponendo
un edificio che fosse un evento comunicativo, un simbolo. Quella che lui
propone è un’architettura ipersogettiva, che rifiuta il concetto di
standardizzazione che aveva caratterizzato l’epoca fortemente industriale del
primo novecento, radicata al contesto e piena di rimandi retorici e simbolici.
Utzon fa con la sua architettura quello che i poeti fanno con la poesia, crea
immagini visive e suggestioni che emozionano e dalla immensa forza evocativa.
L’apertura della società, l’affermarsi di
nuovi paesi in tutto il mondo; la forte influenza della cultura nordica che
vede nel monumento la celebrazione tra uomo e natura e dunque una linfa vitale;
l’interesse per l’uomo e le sue manifestazioni sociali; la forte convinzione di
dover sostituire a un mondo delle certezze ideologiche un metodo sperimentale e
una ricerca eterogenea di suggestioni; fanno si che Utzon sia in grado di
concepire un edificio dal forte valore simbolico e che libera finalmente la
forma dalla funzione dando il via a un nuovo filone dell’Architettura.
Il prodotto dell’architettura smette di
essere un oggetto della catena di montaggio industriale. Non è più individuabile
un modello funzionale e tipologico di edificio, si fa strada l’idea che “per
ogni oggetto un’idea” come affermava Eero Saarinen. L’edificio non è più un
oggetto che deve essere funzionale e immediato, facilmente fruibile e
utilizzabile dall’uomo, uno strumento al suo servizio. L’architettura crea
spazi, l’architettura attua la sua esistenza solo nel rapporto spirituale con l’uomo
che la fruisce. I parallelismi tra poesia e architettura si fanno forti. Un luogo
è un’immagine figurativa che viene di volta in volta interpretata dall’individuo
che la fruisce. Questo fa del luogo un luogo ipersoggetivo che perde i suoi
caratteri oggettivi e che si trasforma ogni volta. Come affermava Zevi nel suo -Saper
Vedere l’architettura-, “ […] il carattere precipuo dell’architettura- il
carattere per cui essa si distingue dalle altre attività artistiche- sta nel
suo agire con un vocabolario tridimensionale che include l’uomo. […]”. Lo spazio
quale essenza dell’architettura è la chiave di ingresso per la comprensione
dell’edificio.
L’ipersoggetività dell’architettura della terza
ondata rimette se stessa all’interpretazione dell’individuo che deve
interpretarne gli artifici retorici e che non è sempre in grado di coglierne il
significato.
Bibliografia:
·
“La
liberazione della forma” da Architettura e modernità. Dal Bauhaus alla
rivoluzione informatica di Antonino Saggio – Carrocci editore 2010
·
“Il mondo
decostruito” da Architettura e modernità. Dal Bauhaus alla rivoluzione
informatica di Antonino Saggio – Carrocci editore 2010
·
“Lo spazio
protagonista dell’architettura” da Saper Vedere l’architettura di Bruno Zevi
·
I Canti di
Giacomo Leopardi
Sitografia:
·
“La via
dei simboli” di Antonino Saggio dalla rubrica Coffee break
·
Trip
Advisor
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